Huawei, cellulari e spaghetti.

La Huawei, una delle maggiori aziende di telefonia mobile al mondo, è passata in pochi anni dalla commercializzazione di modem e accessori per computer a produrre e dominare il mercato dei dei dispositivi mobili.

Quando nel 1987 Ren Zhengfei la fondò pensò che la sua creatura sarebbe cresciuta in breve tempo, ma non avrebbe mai immaginato di arrivare nel 2019 ad un fatturato di oltre un miliardo e settecento milioni di dollari.

Un miracolo economico, molto diverso da quello delle start-up americane, come Apple e Microsoft nate nei garage di casa ed affidate completamente al genio visionario dei suoi creatori. Il padre del P30-pro (uno dei cellulari più avveniristici sul mercato), la strada non ha dovuto asfaltarla tutta prima di percorrerla. Infatti, il buon vecchio Ren è stato CEO di Telecom-China, con tutti i vantaggi che derivano da una posizione del genere, ha inoltre beneficiato delle tecnologie e del design dei prodotti commissionati dalle aziende americane alle fabbriche cinesi, imitandone stile e funzionalità. Per non parlare dei sistemi operativi presi pari pari da quelli di Google.

Il garage dove è nata Apple

Malgrado non sia stato tutto farina del suo sacco e sia partita già da metà percorso anche la Huawei ha potuto presentare il suo miracolo al mondo, esaltando la bravura del suo fondatore e innalzandolo sul podio degli uomini più ricchi del mondo, come del resto è avvenuto per Alibaba, tralasciando che la Cina non è l’America.

In Cina per avere la fortuna di Jack Ma o di Zhengfei devi essere legato ai compagni di partito, devi avere un posto di comando ed essere parte di un sistema preordinato il cui obiettivo è rendere grande e potente il Paese e i suoi funzionari.

In Cina non puoi fare come Bill Gates e Steven Jobs; perché in Cina, per quanto tu sia bravo, nel garage sotto casa potrai solo cucinare gli spaghetti di soia per tutta la vita.

Mario Volpe
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